lunedì 27 maggio 2013

Una statua di rifiuti ? ... :-? Opere di Mike Kelley a Milano ... durante la Biennale di Venezia


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http://it.wikipedia.org/wiki/Biennale_di_Venezia

http://en.wikipedia.org/wiki/Mike_Kelley_%28artist%29


http://www.artinamericamagazine.com/news-opinion/news/2013-04-22/mike-kelley-goes-to-milan-during-venice-biennale/

Mike Kelley Goes to Milan during Venice Biennale

An exhibition of works by Mike Kelley will take place in Milan this summer, timed to coincide with the Venice Biennale-an exhibition in which Kelley participated twice (in 1988 and 1995). HangarBicocca, a 42,000-square-foot industrial site turned exhibition space, will host the show, which is organized by HangarBicocca curator Andrea Lissoni and the artist's ex-girlfriend, L.A.-based independent curator Emi Fontana.

Ten large-scale works by the late American artist (1954-2012) will form "Mike Kelley: Eternity is a Long Time" (May 24-Sept. 8). The exhibition's installations, sculpture and video, some rarely exhibited in public previously, come from collections such as the Museo Reina Sofía in Madrid, the Thyssen-Bornemisza Art Contemporary in Vienna, and the François Pinault Collection in Paris and Venice

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Emi Fontana: "La mostra mi ha aiutato a elaborare il lutto per Mike Kelley"

La curatrice e compagna dell'artista scomparso nel 2012 racconta l'esposizione all'Hangar Bicocca.
«È stato un processo poetico, meditativo». L'intervista
Mike Kelley all'Hangar Bicocca
Mike Kelley all'Hangar Bicocca © Agostino Osio - Courtesy Fondazione HangarBicocca, Milano All Mike Kelley works © Estate of Mike Kelley


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Milano
Lunedi 27 maggio 2013 ore 11:00
Emi Fontana, insieme ad Andrea Lissoni, è la curatrice diEternity is a Long Time, l'esposizione dedicata a Mike Kelleye ospitata all'Hangar Bicocca (via Chiese 2) fino all'8 settembre.
L'abbiamo incontrata durante la presentazione della mostra, che raccoglie pezzi realizzati fra 2000 e 2006, una fase particolarmente creativa per l'artista, morto improvvisamente all'inizio del 2012.
Fontana è stata a lungo gallerista. Dal 1992 al 2009, il suo spazio in viale Bligny è stato un punto di riferimento per molti artisti emergenti. Nel 2000 è stata la prima a portare in Italia l'arte di Kelley. Oggi vive in California e si occupa di progetti relativi al riuso di spazi pubblici.
Grazie al suo stretto legame con Kelley, per Hangar Bicocca ha ideato un percorso espositivo che sottolinea la stratificazione el'eclettismo dei suoi lavori.
Nel 2000 hai proposto a Milano la prima personale di Mike Kelley. Mi racconti com'è andata?
«In quel momento in Italia non era conosciutissimo, molti erano rimasti colpiti, la mostra era risultata inattesa, perturbante. Considera che a quei tempi il suo lavoro doveva ancora esplodere. L'apice è stato raggiunto nel 2003 con la mostra daGagosian a New York, lì c'è stata l'attenzione totale dei media».
Qual era il rapporto di Kelley con Milano?
«A lui Milano non piaceva, preferiva di gran lunga Roma o Napoli. Penso che Milano gli ricordasse un po' troppo Detroit (Ndr la città dove l'artista era nato) che è una città industriale».
In che modo è nata e cresciuta Eternity is a long Time?
«È stato un processo mio, molto interno. Quando Andrea Lissoni mi ha telefonato dicendo che voleva fare una mostra su Mike, ero dubbiosa, c'era una retrospettiva in programma (NdrAttualmente al Centre Pompidou di Parigi è in corso una mostra a cura di Sophie Duplaix) e il dramma della sua scomparsa era ancora fresco. Mi sono detta 'Non so se riuscirò a fare una cosa del genere'. Poi, riflettendoci, ho pensato che l'unico modo per affrontare questo lavoro era partire da me stessa e dalla mia relazione con Mike. È come se questa mostra fosse nata da un processo meditativo».
Dicevi che vi siete mossi con un criterio non cronologico...
«Il mio processo è quasi sempre analogico, associativo e poetico più che logico, ed è un modo di procedere su cui Andrea si sintonizza molto bene. Fare questa mostra mi ha aiutato nel processo dell'elaborazione del lutto. È stato un modo per distanziarmi dal dramma, concentrandomi su quello che è rimasto che, in fondo, era quello che aveva unito dall'inizio me e Mike».
Come vi siete conosciuti?
«Ho conosciuto Mike nel Los Angeles nel '96 perchè ero interessata alla sua arte. Vedere il suo lavoro nel 1990 a Berlino mi aveva fatto scegliere di intraprendere una carriera nel mondo dell'arte contemporanea. La mostra era Metropolis, me lo ricordo bene, l'installazione si chiamava Pay for Your Pleasure. Sono passata dall'incontrarlo a conoscerlo, fino a voler mostrare il suo lavoro a Milano. Poi la relazione è diventata personale, siamo stati a lungo amici e, successivamente, ci siamo innamorati».
Los Angeles, città polimorfa, come l'arte di Kelley. Si può affermare che il suo lavoro sia imprescindibile da LA?
«Sono resistente a collegare la sua arte con Los Angeles, ritengo sia un po' uno stereotipo. Parliamo della città di Hollywood, dove la realtà viene fabbricata, ma al contempo è il luogo dove la creatività è industry, business, corporation. Certamente è una città forte per un artista, nel momento in cui ci lavori e ci vivi ti sfida. Negli ultimi cinque anni poi è diventata ancora più vitale».
Ora vivi a Los Angeles, di cosa ti occupi?
«Ho smesso di fare la gallerista da tempo, ora lavoro come curatrice indipendente per un'organizzazione no-profit di Los Angeles che si chiama West of Rome che si occupa di arte pubblica in spazi inaspettati».
La mostra è visitabile fino all'8 settembre ad ingresso libero, dal giovedì alla domenica, dalle 11 alle 23.
Lorenza Delucchi
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Re.:
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